L'Alto Piemonte | VINOalToP

L'Alto Piemonte è il territorio della regione compreso tra le provincie di Biella, Vercelli, Novara e Verbano-Cusio-Ossola.

Geograficamente parlando il territorio è incastonato fra la pianura padana, come confine meridionale, e le alpi pennine e Lepontine, come confine settentrionale delimitato ad est dal Lago Maggiore e ad ovest dal massiccio del Monte Rosa.

Enologicamente parlando ci troviamo a circa 120 km a nord-est dalle Langhe.

 

Piemonte-Wine

 

Fin dai tempi degli antichi Romani, l’Alto Piemonte è stato un territorio molto vocato per la viticoltura. Dall’epoca Medioevale in avanti troviamo numerose testimoniane della fama dei vini delle colline novaresi, che venivano esportati il Lombardia, Francia e Svizzera.

Prima della fine dell’ottocento era un importante regione d’Italia per la produzione del Nebbiolo, 40.000 ettari i vigneti si estendevano a perdita d’occhio, ogni colle era rivestito di vigne, ma a fine del 1800 l’area è stata decimata dalla filossera,  a peggiorare le cose l’Alto Piemonte è stato praticamente abbandonato dopo la seconda guerra mondiale per occuparsi nella fiorente manifattura tessile e metalmeccanica che ha portato un esodo di massa dalle campagne.

Dopo la fine della guerra gli ex 40.000 ettari di vigneti erano ridotti a meno di 600 ettari.

È incredibile. Se oggi pensi al nord Piemonte, ti viene in mente una cenerentola, una piccola costellazione di nomi poco noti, difficili da individuare sulla carta geografica (Ghemme, Gattinara, Boca, Bramaterra, Lessona, Carema…) in cui si fa il “nebbiolo di montagna, quello meno potente del Barolo”… e non si sa molto di più. Eppure qui, un secolo fa, ai piedi del Monte Rosa c’erano più ettari vitati di quanti ce ne siano oggi in tutto il Piemonte.

Negli ultimi due decenni l’Alto Piemonte ha vissuto una rinascita, i giovani di queste zone stanno tornando a coltivare le vigne con entusiasmo e nuovi progetti.

L’elemento comune di questi territori è sicuramente l’uso del vitigno Nebbiolo presente, anche se in percentuali diverse in tutte le DOC e DOCG della zona.

Localmente chiamato Spanna, si differenzia dai biotipi Lampia e Michet più diffusi invece nelle Langhe. Vitigno complesso, di difficile adattabilità, può regalare però, nelle condizioni migliori, vini con una notevole propensione all'invecchiamento e di ottima complessità aromatica. Il suo ciclo vegetativo è tra i più lunghi che si conoscano, partendo da una fioritura e da un germogliamento precoci, rispettivamente ad inizio aprile e ad inizio giugno, e caratterizzandosi per una vendemmia in genere tardiva, localmente molto tardiva (in Valtellina non è infrequente la raccolta novembrina). Nelle varie DOC e DOCG della zona, il nebbiolo viene "tagliato" con uva rara, ma soprattutto vespolina che dona colore e morbidezza al nebbiolo.

I vigneti incastonati in un contesto geologico unico godono di un clima privilegiato, protetto dai ghiacci in inverno e rinfrescato dai venti di montagna in estate, favorendo lo sviluppo dei profili aromatici dei vini. Non da ultimo, il vitigno Nebbiolo contribuisce a enfatizzare la varietà del territorio, perché è un fedele riproduttore delle caratteristiche della zona che lo ospita e del microclima in cui cresce.

Le esposizioni soleggiate rivolte prevalentemente a sud, il clima fresco ma temperato e le notevoli escursioni termiche, garantiscono la produzione di uve di grande qualità. I terreni sono poveri costituiti da suoli ricchi di scheletro, con poca terra, sabbie e ghiaie generate dal disfacimento di rocce di porfido rosa, che poggiano su un substrato di porfidi e graniti, generato da antiche eruzioni vulcaniche. Il terreno ha un acidità elevatissima e una grandissima presenza di minerali, tra cui il potassio, il ferro e il manganese, il PH medio di questi terreni è 4,4, mentre a Barolo è 7,8 completamente diversi. Per forza il nebbiolo di qua è differente da quello di Langa.

La zona si trova, infatti, in prossimità dell’enorme caldera dell’antichissimo supervulcano fossile del Sesia.

Sono terre povere e con ph acido, che possiedono una grande varietà di minerali, utilissimi al sostentamento della vite.

 

Il territorio da origine a sette DOC e due DOCG: insieme,

  • BOCA (DOC)
  • FARA (DOC)
  • SIZZANO (DOC)
  • BRAMATERRA (DOC)
  • LESSONA (DOC)
  • COLLINE NOVARESI (DOC)
  • COSTE DELLA SESIA (DOC)
  • GATTINARA (DOCG)
  • GHEMME (DOCG)

rappresentano un territorio molto vasto e articolato

 

 

 

 

Mappa_Alto_Piemonte

L’estensione comprende 4 province (Biella, Vercelli, Novara e Verbano-Cusio-Ossola) e terroir profondamente diversi, che vanno dal Monte Rosa alla pianura delle risaie con suoli di origine diverse che donano caratteristiche uniche ai vini qui prodotti. Il terreno, cambia completamente anche a distanza di pochi chilometri come tra i comuni di Ghemme (Novara) e Gattinara (Vercelli). A Ghemme i terreni sono di formazione fluvio-glaciale, mentre a Gattinara l’origine è vulcanica. A Boca troviamo i porfidi rosa con un terreno ricco di minerali. Lessona è caratterizzato da un terreno sabbioso. Tutte queste diversità danno origine a vini molto diversi anche se dati da uvaggi simili.

 

gattinaraghemme

                                                                         In foto (in primo piano Gattinara sullo sfondo Ghemme divisi dalla Sesia)

 

 

Il supervulcano valsesiano ha un diametro di circa 15 km ed è situato tra Varallo e Borgosesia. Circa 290 milioni di anni fa vi fu una notevole produzione di magma basaltico a causa di una anomala fusione del mantello, in seguito questo magma risalì fino agli strati più profondi della crosta, iniziando a scioglierne le rocce e inglobandola  di conseguenza, via via sempre più in alto. Il risultato fu un magma ibrido tra materiale del mantello e della crosta. Successivamente in profondità il magma iniziava a cristallizzare, mentre più in superficie i componenti acidi provenienti dalla crosta diedero il via all’attività effusiva. Circa 280 milioni di anni fa vi fu un’eruzione di proporzioni enormi e il conseguente crollo della camera magmatica. Le eruzioni potevano oscurare l’atmosfera e alterare il clima. Il supervulcano, o meglio ciò che ne rimane, è ormai inoffensivo da svariati milioni di anni.

Il caso valsesiano è unico al mondo in quanto circa 60 milioni di anni fa vi fu la collisione tra la placca europea e quella africana, evento che generò le Alpi ma che ripiegò di 90 gradi la crosta proprio in corrispondenza della Valsesia. Questo portò alla luce la struttura più profonda del vulcano e il suo apparato di alimentazione, che un tempo stava anche a decine di chilometri sotto terra. Tutto ciò fa del supervulcano valsesiano un prezioso sito di studio geologico, oltre che un’attrazione naturale.

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(fonte http://www.sesiavalgrandegeopark.it)